Vicenda Sara Pedri, la sorella: “A Catanzaro aveva trovato il suo equilibrio”

Non ci sta la famiglia di Sara Pedri ad accettare le insinuazioni mosse nei confronti della ginecologa scomparsa ormai da tempo, e di cui si teme fortemente il gesto inconsulto.

“Sara era fragile come lo siamo tutti – ha detto Emanuela Pedri –   Era abituata a lavorare lontano da casa. Ne è la dimostrazione il periodo della specializzazione a Catanzaro: lì la sua fragilità era diventata equilibrio. A Trento invece le testimonianze dicono di averla vista spegnersi a causa dei maltrattamenti e delle vessazioni provenienti da due persone precise.

Le imputazioni non arrivano dalla famiglia Pedri, che di quanto stava succedendo a Sara non ha saputo nulla fino all’ultimo momento, ma dall’azienda sanitaria e dalla commissione dei garanti che hanno ritenuto di dover licenziare il primario e trasferire la sua vice”.

Così Emanuela Pedri, sorella di Sara, la ginecologa forlivese scomparsa nel nulla il 4 marzo dell’anno scorso subito dopo il trasferimento dall’ospedale di Trento a quello di Cles da cui si era dimessa 24 ore prima della sparizione, in merito alle contestazioni mosse dal legale dell’ex primario Saverio Tateo sul contenuto dell’autopsia psicologica depositata dalla famiglia Pedri in vista dell’incidente probatorio del 7 febbraio.

“Gli avvocati della difesa hanno riportato frasi di Sara decontestualizzate, scritte in un momento in cui viveva un disturbo post traumatico da stress, come diagnosticato da un medico di base una settimana prima che scomparisse – prosegue Emanuela Pedri -.

‘Sono un morto che cammina’ è la frase che Sara ha detto non a un collega ma al compagno di vita a causa dell’ambiente di lavoro tossico in cui si trovava”.

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