“Recuperiamo l’orologio del S. Carlino prima che vada perso”

E’ in distribuzione presso le varie librerie ed edicole un libro (Titani Editore) dal titolo “La storia dell’orologio del teatro San Carlino di Catanzaro-tra leggenda e realtà”. La firma è di Claudio Ruga, la presentazione di Aldo G.M. Ventrici.

Ing. Ruga, perché nasce e a chi è rivolto questo libro?

“Nasce ed è dedicato ai catanzaresi naturalmente, a quelli che hanno a cuore la storia della città ed in particolare del Teatro San Carlino, che desiderano conoscere, nell’occasione, anche le varie tecniche e l’evoluzione degli orologi che hanno accompagnato il Teatro dalla sua nascita sino ai tempi nostri”.

E’ una storia recente o parte da lontano?

Parecchio lontana e solo dopo un’indagine particolareggiata abbiamo potuto rispondere alla domanda: “Ma l’orologio che giace abbandonato, oggi, in qualche stanzino è proprio quello del San Carlino?

E’ necessario partire dalla nascita del teatro la cui facciata, prospiciente la Basilica dell’Immacolata,  ospitò, nell’arco dei suoi cento anni diversi orologi differenti non per grandezza ma per tecnica.

Il primo orologio commissionato fu il 15 agosto del 1820 ad un costruttore-orologiaio di nome Pollizzi col compito di progettarlo e di realizzarlo; secondo il contratto doveva avere un meccanismo all’avanguardia con carica a molla, mentre in uso a quei tempi era la carica attraverso pesi che sfruttando la forza di gravità nella discesa dal punto più alto al punto più basso, avendo le funi avvolte su un tamburo centrale, davano il moto a tutto il complesso.

La necessità della molla venne fuori perché si voleva evitare che dopo alcune ore si dovesse riportare a mano in alto il peso arrivato a fine corsa, in posizione di partenza. Di questo orologio, purtroppo, nonostante le accurate indagini, non si sono trovate tracce ma è molto probabile che non fosse mai installato.

Bisogna arrivare nel 1878 per sapere, tramite il libro del Casalinuovo, che nell’agosto di quell’anno un altro orologio a pesi sostituì quello del San Carlino (quindi non era quello del Pollizzi), visto che non aveva più il treno della suoneria per comandare le campanelle, posizionate sopra il tetto del Teatro, ma solo quello del tempo per le lancette.

Che fine ha fatto l’orologio quando fu demolito il San Carlino?

Negli anni ‘30 del secolo scorso il Teatro conobbe la sua demolizione e l’orologio messo in un magazzino comunale per poi tornare in auge  nel 1939 in occasione della costruzione del Nuovo Mercato e collocato in un abbaino sopra il suo tetto. Ma prima dell’installazione sul Mercato fu manutenzionato a cura di un certo Bianchi che nel documento a sua firma indica che la tipologia della carica non era a pesi ma a molla per cui risulta chiaro che l’orologio nel corso dei primi anni del ‘900 non era più quello del 1878 perché aveva subito delle trasformazioni. Evidenziamo che solo un orologio a molla poteva essere incastonato nella struttura del Mercato, perché uno a pesi avrebbe richiesto una disponibilità inconcepibile dei vani sottostanti per far scorrere le funi.

Perché è importante stabilire quale fosse la tecnica dell’orologio negli anni considerati?

Poiché l’orologio attuale ha la cassa con due fori sottostanti (per i pesi) farebbe pensare che mentre nel tempo tutta la componentistica interna è stata sostituita e cambiata, solo la cassa è rimasta quella originale o almeno quella di fine ‘800.

Cosa accadde con la demolizione del Nuovo Mercato nel 1992?

La ditta che demolì il Mercato danneggio irrimediabilmente l’orologio, che era incastrato nella muratura del fabbricato. E quando a distanza di circa dieci anni, il comune lo riesumò dai suoi magazzini per darlo in riparazione alla ditta Neri di Longiano (FC) con la finalità di incastonarlo nella parete del fabbricato ex STAC di Piazza Matteotti (2003), la Neri conservò solo la cassa e dovette sostituire tutti i pezzi compreso il quadrante, le lancette, il vetro ed il meccanismo.

Oggi è’ funzionante? L’orologio dove si trova?

L’orologio ebbe un restauro con un ‘cuore’ moderno messo nella cassa storica (unico pezzo sopravvissuto), perfettamente funzionante perché la Neri ha inserito una batteria al Litio che ne governa la funzionalità; addirittura è un orologio radiocomandato e per tale caratteristica ne  agevolerebbe di molto anche la sua eventuale collocazione perché non soggetto a continui aggiustamento delle ore. L’orologio entrò in una gabbia di legno e quindi in una stanza dell’attuale teatro Politeama dove, al riparo di occhi indiscreti e lontano da curiosi, cade  ogni giorno lentamente nell’oblio.

Come potrebbe essere utilizzato?

Collocandolo su una facciata di un palazzo storico o su un campanile di una chiesa (Duomo? Immacolata?) o sulla stazione della Funicolare di Piazza Roma. Una simulazione di quest’ultima possibilità ha dato ottimi risultati visivi.”

Ringraziando il noto professionista per l’abituale dimostrazione di attaccamento alla storia del capoluogo, aggiungiamo che il libro accenna ai primi orologi stradali di Catanzaro, all’evoluzione dell’allacciamento della città prima al gas e poi all’energia elettrica e, in appendice, riporta una serie di documenti tratti anche dall’Archivio di Stato che rendono questo elaborato una fonte di informazioni storiche sconosciute a gran parte dei catanzaresi.

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