La DDA di Catanzaro attacca ‘Sistema’ Cosenza: 190 arresti

Il ‘Sistema’ criminale che governava Cosenza ora è chiaro e la DDA di Catanzaro gli ha inferto il colpo più doloroso di sempre. Il bilancio del resto parla chiaro: all’alba di oggi centinaia tra carabinieri, poliziotti e finanziari sono stati sguinzagliati in tutta Italia per notificare 202 ordinanze, quasi tutte restrittive.

In carcere sono finite 139 persone, ai domiciliari 51; altre 11 hanno ricevuto l’obbligo di dimora ed un professionista il divieto di esercizio. Ulteriori 52 persone risultano indagate a piede libero. Una vera e propria retata che ha messo a frutto un lavoro di cinque anni, praticamente da quando il procuratore capo Nicola Gratteri si è insediato cercando di venire a capo della ‘rete’ di ndrangheta tessuta nel capoluogo bruzio.

L’operazione odierna in effetti ha un valore investigativo di grande rilevanza e per questo accanto al magistrato calabrese, per la prima conferenza stampa nella nuova sede della Procura di Catanzaro, ha voluto i vertici regionali delle Forze dell’ordine, gen. Pietro Salsano per i Carabinieri, Guido Mario Geremia per la Gdf e per la Polizia il direttore centrale anticrimine Francesco Messina. A Cosenza i gruppi del malaffare avevano messo da parte screzi e individualismi per far prevalere la logica degli interessi.

Sia le ‘anime’ delle etnie zingare sia quelle indigene si erano federate per costituire un’unica cupola di intimidazioni e violenze in grado di fruttare proventi illeciti imposti ad ogni settore dell’economia. Un potere fortissimo, esercitato con logiche e metodi mafiosi. “Solo contrapponendo una forza uguale e contraria  – ha detto Gratteri – potevamo contrastare questa logica ndranghetistica e così abbiamo fatto convergere le migliori menti investigative del territorio unendo le banche dati e le conoscenze settoriali”.

Un altro importante contributo poi lo hanno dato diversi collaboratori di giustizia. L’operazione ‘Sistema’ muove ad arrestati ed indagati – presunti innocenti – molteplici capi d’accusa : associazione di tipo ‘ndranghetistico finalizzata al traffico di stupefacenti, delitti inerenti illecita organizzazione di attività di giochi, anche d’azzardo, e di scommesse; delitti di riciclaggio e trasferimento fraudolento di beni e valori e tanti altri reati aggravati da modalità e finalità mafiose.

Ingente anche il ‘bottino’ di beni posti sotto sequestro: oltre 72 milioni di euro fra fabbricati, ville e terreni; quote di partecipazione in attività produttive e commerciali, uno yacht, un aeromobile ultraleggero, un natante,  autoveicoli e moto.  Un imprenditore che si era legato ad una cosca di ndrangheta, era riuscito a guadagnare 37 milioni di euro negli ultimi 5 anni. Tra gli arrestati figurano alcuni politici di primo piano (il sindaco di Rende Manna, gli assessori Munno di Rende e Di Cicco di Cosenza) ma magistrati e forze dell’ordine si sono trincerati dietro alle recenti disposizioni della legge Cartabia evitando di trasgredirle.

“Chiedete ai vostri editori di pressare i politici affinché cambino questa legge – ha detto con amara ironia Gratteri – del resto né ordine dei giornalisti né sindacato hanno protestato per queste disposizioni”.

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