“Andando via io l’attività della Procura antimafia di Catanzaro proseguirà. Le indagini non si fermeranno, c’è una squadra che continuerà il lavoro. Non finisce nulla se vado via io. Sarebbe stolto per chi resta a dirigere, tirare remi in barca e non occuparsi del destino investigativo di tre quarti della Calabria”.
Lo ha detto il procuratore della Repubblica di Catanzaro, Nicola Gratteri, da qualche giorno nominato a capo della procura di Napoli, intervenendo a Crotone ad una iniziativa sulla legalità organizzata da Confcommercio.
BILANCIO
Gratteri ha tracciato un bilancio dei sette anni trascorsi alla guida della Dda di Catanzaro con importanti risultati proprio contro le cosche crotonesi nonostante le mille difficoltà: “Abbiamo mangiato pane e veleno in questi anni – ha affermato Gratteri – hanno cercato di indebolirci, soprattutto colpendo me perché avevano nella loro testa che mettendo fuori gioco me si fermava la Procura.
Invece la Procura di Catanzaro è una grande squadra ed i calunniatori hanno perso tempo. L’opinione pubblica ha capito chi ha lavorato in buona fede e chi ha cercato di mettere lo sgambetto”. Agli studenti crotonesi incontrati al teatro Apollo, il procuratore Gratteri ha spiegato che alla Dda “è stato creato un metodo, una mentalità di lavoro: una grande squadra. Abbiamo fatto degli innesti tra i giovani magistrati, ai quali ho cointestato indagini importanti, e quelli più anziani facendo loro sentire l’odore della Dda”.
Aggiungendo che al suo posto, fino alla nomina del nuovo procuratore, “ci sarà il collega Capomolla”, attuale aggiunto della Procura di Catanzaro, “dal quale si potrà andare a denunciare. Il valore aggiunto della Procura di Catanzaro è aver messo nella testa della gente che si può cambiare. Dalla provincia di Crotone sono venuti imprenditori a denunciare i mafiosi e possono continuare a farlo con le forze dell’ordine ed i magistrati”.
NAPOLI
“Non mi preoccupa un documento o una lettera”, ha detto Gratteri, a proposito del documento diffuso dall’avvocatura di Napoli nel quale si contesta apertamente la sua nomina a capo della procura partenopea e soprattutto i suoi metodi d’indagine. “Io sono allenato alle sfide, a fare cose nuove. A Catanzaro in sette anni ho sempre cercato di migliorare”.
“Non mi preoccupano le lettere che arrivano da Napoli – ha puntualizzato il magistrato – è un problema di altri. Il senso e i limiti della paura li ho superati nel 1989. Ho ascoltato intercettazioni dove parlavano di come ammazzarmi, non mi preoccupa certamente un documento o una lettera”. (AGI)
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