“Fermate la guerra!”, campagna social del gruppo Pubbliemme -VIDEO

Immagini continue di bombardamenti e sangue, un flusso continuo di violenza che invade i nostri telegiornali, le nostre vite e che potrebbe farci pensare che il dolore dei bambini, degli anziani, di chi deve lasciare la propria casa distrutta dall’odio sia la normalità.

Dall’Ucraina alla Russia, dal Medioriente al Continente africano, sono decine i conflitti aperti nel mondo ma mai come oggi, dalla fine della Seconda Guerra mondiale, vediamo la guerra lampeggiare sempre più vicina. Spesso solo poche centinaia di chilometri ci separano da bombe e sangue, da macerie e disperazione.

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Nel corso degli ultimi due anni il tributo di sangue e vittime innocenti è stato altissimo, quantificabile in centinaia di migliaia di essere umani uccisi, torturati, fatti a pezzi da ordigni sempre più distruttivi e implacabili. Milioni, invece, sono i profughi. Intere popolazioni costrette a scappare da un angolo all’altro del pianeta, lasciando le proprie case o quel che ne resta, per sfuggire a un destino che probabilmente li raggiungerà comunque.

In questo flusso continuo di immagini, morte e distruzione, qualcuno potrebbe pensare che questa è la normalità, che non c’è alternativa alle bombe ed al dolore.   Ecco perché gridiamo “basta sangue, fermiamo la guerra”. Per non lasciare che le notizie si trasformino in un indistinto rumore di sottofondo, alterato solo dai fatti più eclatanti, salvo poi tornare a essere, passato il clamore della cronaca, un semplice ronzio.

La campagna, firmata dal noto creativo Luigi Vircillo, rappresenta dunque una scelta precisa: immagini forti giustificate dalla necessità di rompere l’indifferenza e l’assuefazione del pubblico di fronte a notizie e video che, altrimenti, rischiano di passare inosservati. Sono immagini che “gridano” per non consentire a qualcosa di così enorme di essere ridimensionato dalla routine e dalla rassegnazione.

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Immagini continue di bombardamenti e sangue, un flusso continuo di violenza che invade i nostri telegiornali, le nostre vite e che potrebbe farci pensare che il dolore dei bambini, degli anziani, di chi deve lasciare la propria casa distrutta dall’odio sia la normalità.

Dall’Ucraina alla Russia, dal Medioriente al Continente africano, sono decine i conflitti aperti nel mondo ma mai come oggi, dalla fine della Seconda Guerra mondiale, vediamo la guerra lampeggiare sempre più vicina. Spesso solo poche centinaia di chilometri ci separano da bombe e sangue, da Macerie e disperazione.

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Nel corso degli ultimi due anni il tributo di sangue e vittime innocenti è stato altissimo, quantificabile in centinaia di migliaia di essere umani uccisi, torturati, fatti a pezzi da ordigni sempre più distruttivi e implacabili. Milioni, invece, sono i profughi. Intere popolazioni costrette a scappare da un angolo all’altro del pianeta, lasciando le proprie case o quel che ne resta, per sfuggire a un destino che probabilmente li raggiungerà comunque.

In questo flusso continuo di immagini, morte e distruzione, qualcuno potrebbe pensare che questa è la normalità, che non c’è alternativa alle bombe ed al dolore.   Ecco perché gridiamo “basta sangue, fermiamo la guerra”. Per non lasciare che le notizie si trasformino in un indistinto rumore di sottofondo, alterato solo dai fatti più eclatanti, salvo poi tornare a essere, passato il clamore della cronaca, un semplice ronzio.

La campagna, firmata dal noto creativo Luigi Vircillo, rappresenta dunque una scelta precisa: immagini forti giustificate dalla necessità di rompere l’indifferenza e l’assuefazione del pubblico di fronte a notizie e video che, altrimenti, rischiano di passare inosservati. Sono immagini che “gridano” per non consentire a qualcosa di così enorme di essere ridimensionato dalla routine e dalla rassegnazione.

«Abbiamo progettato una campagna visivamente forte per richiamare l’attenzione su una dura realtà che non vogliamo e non possiamo più ignorare», dichiara il presidente del gruppo Pubbliemme Italia  Domenico Maduli. «Il visual shock, con gocce di sangue sparse, rappresenta il dolore e il sacrificio delle vittime – continua Maduli -. Se questa immagine colpisce su uno schermo, immaginiamo per un solo attimo cosa prova chi vive ogni giorno questo orrore sulla propria pelle. Il nostro obiettivo è scuotere le coscienze e invitare tutti a riflettere su quanto sia urgente adoperarsi, sensibilizzare e fermare questa immane tragedia umana».