A qualche giorno dalla fine dell’estate propriamente detta è Pietro Falbo, Presidente di Confcommercio Calabria Centrale, a tracciare un bilancio sull’andamento nella provincia catanzarese.
Il clima di fiducia è sicuramente migliorato, – commenta Falbo – ma non si può certo parlare di un completo ritorno alla normalità e il percorso per ritornare ai livelli pre-covid appare ancora lungo. Anche quest’anno, infatti, la pandemia ha inciso molto sui flussi turistici, soprattutto per quanto riguarda la presenza dei turisti stranieri;
l’osservatorio di Federalberghi, che da oltre trent’anni monitora l’andamento del mercato turistico italiano, da gennaio a luglio 2021 ha registrato, infatti, a livello nazionale, un calo delle presenze di stranieri pari al 71% rispetto al corrispondente periodo del 2019.
A salvare la stagione estiva, pertanto, sono stati principalmente gli italiani che, scoraggiati dalle restrizioni e dalle misure anticovid, hanno preferito trascorrere le proprie vacanze nelle località all’aria aperta dell’Italia e, dunque, anche della Calabria.
PERIODO TROPPO CORTO
Il periodo più positivo per le strutture ricettive delle località turistiche catanzaresi – continua Falbo – si è concentrato principalmente nelle tradizionali settimane di agosto, nelle quali si sono registrati i più importanti segnali di ripresa, con come unico tasto dolente quello dei locali da ballo, per i quali è apparsa quanto mai opportuna e indispensabile la misura di sostegno da poco messa in campo dal Ministero dello Sviluppo Economico.
A vanificare, però, i timidi segnali di ripartenza del settore turistico – prosegue ancora Falbo – è il clima di grande incertezza che si sta prospettando per i mesi futuri, soprattutto alla luce degli ultimi dati che potrebbero riportare la Calabria in zona gialla già nelle prossime settimane.
Il rammarico più grande è che una tale decisione, che rappresenterebbe un ulteriore duro colpo ad un tessuto economico già particolarmente fragile, potrebbe scaturire, non tanto da un numero di contagi elevato, quanto, principalmente, da una cronica carenza di posti letto e di strutture sanitarie adeguate.
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