Il giornalista Luigi Stanizzi ricostruisce l’epoca delle Case di tolleranza nel capoluogo prendendo spunto dal libro di Antonio Iannicelli
“A lu Canceddhuzzu, a lu Chianiceddhu, a Bellavista, al Carmine, sono solo alcuni dei tanti luoghi del piacere frequentati dai catanzaresi, più o meno benestanti – esordisce Stanizzi – ma anche da studenti, militari, borghesi, provenienti dai paesini della provincia quando Catanzaro era davvero la capitale economica, politica, culturale, amministrativa della Calabria o quantomeno dell’area centrale. Prima del 1958, quando erano ancora in auge le case di tolleranza, chiuse definitivamente a settembre di quell’anno con la Legge Merlin.
I proprietari terrieri – aggiunge il giornalista – commercianti, professionisti che arrivavano nel capoluogo per affari, processi, disbrigo di pratiche, all’epoca praticavano soprattutto due tipi di sport tra i preferiti: la sfida a chi mangia più morzelli o bistecche, il tutto innaffiato da vino rosso del Cuticchiello o di Gasperina (naturalmente chi perde paga); e la passatina da Annarella. E dopo, per ripulirsi il palato e l’anima, d’estate potevano anche degustare una favolosa granita di mandorle con brioche allo stretto dei Mercanti accanto all’attuale Mignon.
Gli appuntamenti d’amore – chiamiamoli così – all’epoca erano tollerati, talora addirittura caldeggiati da mogli con mariti troppo focosi o esigenti. Emblematica in materia la filosofia rurale di ‘Ntuni e Giobba, di Cropani naturalmente: Alla propria moglie non bisogna far mancare nulla, anzi! Ma tutto quello che avanza, che è di più, che sovrabbonda può essere generosamente donato. Insomma, le energie in eccesso, esuberanti, possono essere indirizzate altrove. In altre alcove. Non che lui andasse a prostitute, non ne aveva bisogno, ma ogni tanto cedeva a qualche scappatella con amanti: che poteva farci, era destino, aveva un sovrappiù da donare, lui piaceva alle donne! E poi, le mogli dell’epoca avevano otto o nove figli da accudire (!), il femminismo era lontano da venire.
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Se il marito, talvolta, usciva dal seminato non era cosa totalmente irreparabile, l’importante era che tornasse a casa a portare il pane necessario per i propri figli. Ma, intendiamoci, non tutti erano fedifraghi! Il tema dell’eros al tempo dei bordelli, in ogni epoca assai delicato, è tornato attuale grazie ad Antonio Iannicelli, autore di “Curiosità erotiche e salute pubblica in Calabria. ‘A zzá Filippa e le case di tolleranza a Catanzaro” (edizioni Il Coscile). L’opera, che ripercorre comportamenti e modi di pensare di una società di provincia fin dall’inizio del secolo scorso, è arricchita dalla presentazione dell’antropologo Domenico Scafoglio e dalla postfazione del glottologo Michele De Luca.
Tra le ghiotte curiosità – va avanti Luigi Stanizzi peraltro presidente vicario del Sindacato Libero Scrittori Italiani sezione Calabria – la tipologia delle case chiuse catanzaresi, organizzate per le esigenze di tutte le tasche, dai militari di leva che godevano della tariffa ridotta ai commercianti, agli imprenditori ai borghesi benestanti. E ancora riecheggiano i nomi di donna Peppina, Renata, Annarella e la discreta Gina Vergani, ma non manca un capitolo dedicato al meretricio clandestino. Attività, quella nascosta, mai andata perduta né a Catanzaro né a Marina dove oggi esercitano donne italiane ma soprattutto straniere. Un business miliardario nonostante il crollo dei prezzi per l’avvento delle ragazze di colore, in particolare nigeriane, che vediamo passeggiare in ogni ora del giorno e della notte anche nei pressi della stazione ferroviaria di Lido.
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Si aggiungono ragazze del Nord Est Europeo, cinesi, massaggiatrici speciali, oltre a studentesse e casalinghe del nostro Paese che esercitano nelle loro case, quasi tutte contattabili su web. Iannicelli affronta il fenomeno con riferimenti alla medicina e alle cure alle quali veniva sottoposta la popolazione del tempo. Antonio Iannicelli in particolare tratta il fenomeno con leggerezza senza cadere nell’osceno e nella pornografia, parla con umanità quella che emerge dalle testimonianze d’archivio di militari, durante la Grande Guerra, quando le signorine, venivano avviate al Fronte più che a sostegno di una politica patriottica, da un interesse economico: mangiavano appena una gavetta di rancio e consolavano con il loro corpo uomini destinati, probabilmente, a morire.
Un’umanità che affiora dall’attività di un avvocato del capoluogo, Ciccio Spataro, amico delle prostitute, impegnato a difendere le signorine da maltrattamenti e da azioni di stupro (difesa difficile per quel tempo), ad attenderle a fine serata e cenare con loro per ascoltare problemi ed angosce. Riporta la storia narrata da Venere, ultima squillo di Catanzaro, che consuma una vita tra angherie e soprusi e continua a prostituirsi per non far mancare nulla ai suoi figli, ma che viene disconosciuta proprio da questi.
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Uno spaccato della società di inizio Novecento attraverso documenti: Archivio di Stato, Archivio Storico Comunale, Archivio dell’Arcidiocesi di Catanzaro, Archivio del Manicomio Provinciale di Catanzaro in Girifalco. Sfogliando il volume emergono aneddoti di cultura popolare, qualche prete sorpreso sul fatto, rare foto di prostitute delle case di tolleranza di Catanzaro, documenti delle visite mediche effettuate alle prostitute, la foto di una marchetta in uso in un casino di Catanzaro, gli elenchi delle sifilitiche ammesse in cura presso l’ospedale civile, il Tariffario della rinomata casa del piacere: da Madama Renata “I prezzi più bassi d’Italia”, “Tariffe ridotte per studenti e militari”.
Ciliegina sulla torta, Iannicelli riporta una proposta per la riapertura delle Case da parte di un avvocato: Proposta di legge per un esame organico del fenomeno della prostituzione, Commissione parlamentare 2005. Il meretricio clandestino, annota sempre lo studioso Iannicelli, si protrasse dopo la chiusura dei bordelli fino agli Anni Settanta: all’imbocco di via Carlo V lavorava una graziosa e minuta donna dai capelli rossicci, ‘a sardignola; ma quelle storiche precedenti erano note a li Coculi Cuncetta ‘a pilusa e Titina ‘a minnuta, alla Stella un’altra famosa Peppina.
In un futuro – conclude Luigi Stanizzi – non è escluso un ritorno al passato. Intanto, molti italiani impenitenti migrano per qualche giorno nei vicini Paesi Europei, dove ad accoglierli ci sono escort (oggi le chiamano così) da capogiro in fiorenti, lussuose Case d’appuntamenti.”
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