Scorta revocata, Masciari: “Stato mi condanna a morte”

L’imprenditore catanzarese testimone di giustizia perderà la scorta dal primo novembre prossimo

Chiedere che venga ancora riconosciuta, anzi aumentata, la misura di protezione tramite scorta non è per me l’adesione ad una moda o a un capriccio; la mia è una richiesta che parte da un oggettivo e concreto rischio che si è palesato nel momento stesso in cui ho scelto di denunciare affidandomi alla legge dello Stato”. Lo scrive Pino Masciari, l’imprenditore testimone di giustizia per il quale il ministero dell’Interno ha avviato la procedura di revoca della tutela personale, in una memoria scritta fatta recapitare alla Prefettura della provincia in cui risiede, che pochi giorni fa gli ha fatto pervenire la decisione del competente ufficio del Viminale.

Con le sue dichiarazioni, Masciari, imprenditore edile originario di Catanzaro, ha determinato la condanna a pesanti pene di importanti boss della ‘ndrangheta. Ora scrive che la revoca delle misure di sicurezza per lui e per i suoi familiari equivale a una condanna a morte. “Tengo particolarmente a sottolineare – scrive Masciari nella memoria di cui l’AGI ha letto il contenuto – che i miei figli non hanno mai, in tutti questi anni, potuto vivere un’esistenza normale, poiché tale scelta ha pregiudicato la loro serenità, minata costantemente dalla paura e dal sentimento di pericolo, emozioni gravose e non adatte alla loro giovane età”.

Masciari chiede, dunque, il mantenimento delle misure a suo tempo decise a tutela sua e della sua famiglia e scrive parole molto dure.

“L’eventuale revoca delle misure di sicurezza, nella concretezza – spiega – assume il significato di condanna a morte di un uomo e di un padre che ha creduto nello Stato, ha perso le aziende e il lavoro, gli affetti e la sua terra ed ha vissuto per tutti questi anni da esiliato sacrificando la moglie e i figli.

Non possono valutare la mia vita – fa rilevare – quella di mia moglie e dei miei figli e trattarla così come si fa con le pratiche amministrative. Nelle vostre mani c’è la mia esistenza e quella della mia famiglia. Per alto senso civico e per la difesa dei valori costituzionali ho denunciato esponendo me stesso e la mia famiglia a rischi incalcolabili ma ero certo che lo Stato sarebbe stato al mio fianco finché ne avessi avuto bisogno, non finché fosse ‘stato avviato un procedimento amministrativo’. Siamo persone… non pratiche e atti da evadere. Non è difficile – aggiunge –  ricordare nomi e vicende di altre persone vittime di ritorsione mafiosa, colpite proprio nel momento in cui lo stato gli ha voltato le spalle o quando c’è stata una disattenzione nel sistema di protezione”.

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